Recensione "Break - Ossa rotte" - Hannah Moskovitz

Finalmente vi posso presentare la mia recensione di "Break - Ossa rotte"! Un grazie alla casa editrice Giunti Y per avermi dato la possibilità di leggerlo. Per prima cosa, vi riporto la presentazione del libro.

Hannah Moskovitz
Break - Ossa Rotte

Pagine 288


In libreria dal 13 aprile
978-88-09-75905-3










Jonah ha una famiglia a dir poco difficile. Ha due genitori quasi assenti, che non ricordano più perchè stanno insieme e a malapena riescono a tenere le fila di un matrimonio che sta rovinando la loro vita e quella dei figli. E ha due fratelli: Will, di pochi mesi, che piange incessantemente e Jesse, di 16 anni. Il rapporto tra Jonah e Jesse va ben al di là dell'amore fraterno. Si, perchè Jonah è l'angelo custode di Jesse, colui che ogni giorno lo salva da morte sicura per soffocamento. Jesse soffre infatti di gravi allergie alimentari, soprattutto al latte e, dato che Will è ancora un poppante, Jesse non è mai al sicuro, nemmeno in casa. I suoi attacchi sono violenti, terribili, devastanti, tanto da spedirlo in ospedale. Jonah non può permettersi di perderlo mai di vista: controlla tutto ciò che mangia, tocca, respira. Si assicura che anche quella sbadata di sua madre non allatti Will e poi tocchi il fratello. Ogni volta che il cellulare squilla, il cuore di Jonah parte al galoppo per la paura che Jesse sia in fin di vita. Jonah vuole essere più forte, ha bisogno di essere più forte, per sorreggere una famiglia sull'orlo del baratro, per sostenere un fratello che rischia di morire ogni giorno, per non cedere al raptus omicida nei confronti di un bebè che riduce a brandelli i nervi di tutti. Rompersi le ossa e guarire è l'unico modo che Jonah conosce per rinforzarsi. Perchè chiunque sa che un osso fratturato ha il solo potere di curarsi da solo e di ricrescere più forte, rinvigorito. E il primo pensiero di Jonah ogni mattina è quello di escogitare nuovi metodi per raggiungere lo scopo nella maniera più veloce ed efficace possibile. La sua è una storia di autodistruzione per amore. Dita, gomiti, femori, costole: il conto è minuziosamente riportato. E' un'impresametodica. Una scarica di adrenalina, poi il dolore, intenso, nauseante.

Recensione:
Avevo letto la trama e avevo preso paura. Il tema dell'autolesionismo e la rottura stessa delle ossa mi avevano fatta partire molto titubante con la lettura ed ero certa che me ne sarei pentita. Non è stato così. Non si può certamente dire che ci troviamo davanti ad un libro allegro e spensierato, perchè sarebbe un errore madornale, ma non è stato terribile come pensavo. Ammetto di aver fatto fatica a leggere le descrizioni del dolore post-caduta e post-rottura e di aver saltato qualche riga, ma la convizione malata di compiere un gesto utile e nobile del protagonista accompagna il lettore in un viaggio surreale nella sua quotidianità.

Jonah non è un ragazzo qualunque. La sua situazione familiare è realmente drammatica e non riesco nemmeno a mettermi nei suoi panni o a giudicarlo. E' scontato dire: "L'autolesionismo non è comunque una soluzione", perchè in questi casi non si sa come possa reagire la mente umana così sotto stress. Il suo attaccamento ossessivo al fratello minore Jesse, affetto da gravissime allergie, è commovente, ma allo stesso tempo si tratta di un amore talmente opprimente da impedirgli di vivere la sua vita. Mi hanno colpita le parole di Jesse in uno dei capitoli finali: "Smettila di dirmi che morirò". Purtroppo, l'essere così protettivo nei confronti di un fratello malato lo porta ad entrare in un tunnel quasi senza uscita e a mettere a repentaglio la sua vita e quella di tutti quelli che lo circondano. Sono drammatiche le scene nella casa di cura proprio perchè le motivazioni dietro l'autolesionimo di Jonah, ripetute più volte dall'autrice in tutto il romanzo e veramente interessanti, influenzano inconsciamente gli altri pazienti e scatenano, così, un circolo vizioso molto simile ad un incubo. Jonah è un personaggio molto complesso, ben caratterizzato, ma anche criptico. Le sue ragioni sono ben spiegate, ma si ha sempre la corretta impressione che ci sia ben oltre dietro ai suoi "pazzi" gesti.

Ho letto questo romanzo piuttosto velocemente, soprattutto l'ultima parte, perchè l'abilità della Moskovitz è stata proprio quella di creare un libro in crescendo. La storia si fa sempre più allucinogena, più lugubre, fino ad arrivare al finale in cui è come se si riaccendesse la luce. Torna la speranza, anche se rimane un po' l'amaro in bocca. Sia sulla copertina, che all'interno del libro e nei ringraziamenti c'è un riferimento al quel genio di Chuck Palahniuk (Il mio autore preferito? Forse sì, certamente nella mia top 3) e, nonostante l'autrice non abbia osato come lo scrittore americano, mi è piaciuta la direzione presa dal romanzo. Certo, Palahniuk è, secondo me, molto più provocatore e originale, ma questa giovane scrittrice è stata una bella scoperta.

Lo consiglio a tutti coloro che vogliono leggere qualcosa di diverso e non hanno paura di affrontare i cosiddetti "temi difficili".

3 1/2 STELLE










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